In questi giorni, come ogni inizio di stagione estiva, cominciano a diffondersi le pietose e criminali affermazioni degli imprenditori turistici per i quali “non si trovano camerieri perché preferiscono il reddito di cittadinanza”. E anche se fosse? Io, personalmente, non ho mai visto un cameriere di livello ordinario nella mia provincia guadagnare al netto più di quanto offrirebbe lui/lei il reddito di cittadinanza.
Voglio cogliere l’occasione per rendere consapevoli i miei amici stagionali dei loro diritti MINIMI, perché molti sono “costretti” dal ricatto a non conoscerli.
Mi rifaccio, oltre che alla norma di legge, al contratto collettivo principale del settore, non perché sia il contratto ideale (non lo è AFFATTO, bisognerebbe scioperare e LOTTARE per migliorarlo), ma già la sua reale applicazione incrementerebbe la qualità della vita dei lavoratori del doppio.
Perché, ricordiamocelo, un padrone che dice di poter stare aperto solo pagando MENO del minimo sindacale i dipendenti significa (per la logica stessa del “mercato”) che è un incapace o un criminale. Se il mercato è così crudele che vi costringe a comportarvi così, allora, lottate per abolire la giungla del mercato e collettivizzare sotto la pianificazione democratica tutte le attività. Avrete un lavoro dignitoso e le risorse per applicare tutte le innovazioni che volete, sotto le regole del controllo pubblico e senza sfruttare nessuno, ovviamente.
Comunque, per il contratto nazionale, oggi la paga totale del cameriere di quinto livello, il più diffuso, è di 1444,22 euro al mese, come vedete. Chi vi paga di meno è sanzionabile e perseguibile legalmente e sindacalmente.
Inoltre, voglio ricordarvi: se avete un contratto stagionale avete un contratto a tempo determinato che, al contrario di quelli ordinari, non vi dà diritto alla trasformazione in un contratto a tempo indeterminato dopo un certo numero di rinnovi (e questo sarebbe un punto per il quale lottare). IN COMPENSO avete diritto alla PRECEDENZA NELLA RIASSUNZIONE nell’anno successivo, come recita anche, oltre la legge, l’art. 93 del CCNL per pubblici esercizi, ristorazione e turismo (2018), il più applicato.
Un’altra regola che nessuno conosce è il divieto, per le aziende, di impiegare lavoratori di agenzie esterne (lavoro in somministrazione) in misura maggiore al 10% rispetto al totale dei lavoratori (art. 101).Se avete un contratto da “apprendista”, poi, il vostro lavoro non può essere uguale a quello di un lavoratore con contratto. L’ORARIO di lavoro, in tutto il settore del turismo, ristorazione e pubblici servizi è 40 ore settimanali (artt. 111-114), esclusi gli stabilimenti balneari che possono applicare un orario di 44 ore, con alcune conseguenze.
Se il padrone dell’attività ti fa lavorare più di 40 ore a settimana, ci sono diversi casi. Se non è specificato nulla sul tuo contratto, le ore in più sono lavoro straordinario. Hai diritto ad una MAGGIORAZIONE della paga di quelle ore del 30%.Se nel tuo contratto sono previste più di 40 ore hai invece diritto a “riposi compensativi”: sostanzialmente le ore che fai in più, le recuperi lavorando di meno in un altro momento. Se l’aumento dell’orario è in un periodo, dovrebbe essere indicato un uguale periodo con una uguale riduzione (art. 117) e il limite massimo settimanale è di 48 ore.Hai diritto ad una maggiorazione del 25% se lavori di notte, del 10% la domenica (artt. 123-124 e 130). Hai diritto a un RIPOSO SETTIMANALE di 24 ore (art. 128).Queste sono le regole di base, di “civiltà”, già presenti per legge e accordi. Che poi non dobbiamo fermarci solo a queste (soprattutto per quanto riguarda la stabilità dei contratti e la tutela della Naspi) è evidente.

Per quanto riguarda la tassa di successione, l’unico suo difetto è che essa non basta.
Anche perchè c’è già, Letta fingeva di volere alzare solo l’aliquota per le eredità superiori a 5 milioni di euro. Ma per contrastare il POTERE di pochi milionari figli di papà che comandano una nazione non basta far pagare loro qualche spicciolo in più. Guardate quanto è esteso il loro potere finanziario.
Secondo uno studio degli economisti Salvatore Morelli e Paolo Acciari che analizza le dichiarazioni di successione a partire dalla metà degli anni Novanta, i patrimoni ereditati non solo hanno aumentato il loro valore, ma sono diventati sempre più concentrati nelle mani di pochi.
Se nel 1995 i risparmi accumulati dalle famiglie ammontavano ad una somma pari al 16% del loro reddito totale disponibile, e le eredità/donazioni al 9%, nel 2016 i primi sono diventati pari al 3% e le eredità più del 18% del reddito disponibile.
Una società sempre più basata sul privilegio e non sul presunto “merito”, che porta a chiederci cosa veramente sarebbe “illiberale”, come dice Di Maio sulla tassa di successione, o “immorale”, come dice Berlusconi.
Se mantenere lo status quo o rovesciare tutto.
