“L’Italia non sta facendo nulla per stabilizzare le sue finanze”, ha detto in una intervista a BBG TV, ripresa da Bloomberg, il premier olandese Mark Rutte, aggiungendo che non vede come l’Italia “possa sfuggire alle sanzioni sul debito”. Il premier olandese dice quindi che “la Commissione deve intervenire per obbligare l’Italia ad agire sul bilancio”. Prendiamo per buona questa follia per cui un paese, invece che aiutato, vada “multato”.
Ma allora se la passività nel bilancio di un’economia è una cosa che deve essere multata “oltre una certa soglia”, perchè non osservare TUTTE le passività di un paese? Anche perchè il debito pubblico, se la politica volesse, è l’obbligo meno pericoloso visto che in Italia, ad esempio, il 22% è detenuto dalla Banca Centrale, ovvero è semplice creazione di moneta contabilizzata come debito che viene via via rinnovato con altra emissione.
VEDIAMO. Gli ultimi dati disponibili (ultimo trimestre 2018) di Eurostat circa la Net international investment position in rapporto al PIL dei paesi dell’UE, cioè la somma algebrica delle attività finanziarie detenute all’estero e di quelle che l’estero detiene in patria, sono di seguito:
Belgio 43.9
Bulgaria -36,8
Rep. Ceca -23,6
Danimarca 63,2
Germania 60,6
Estonia -26,7
Irlanda -142,5
Grecia -137,9
Spagna -77,1
Francia -11,4
Croazia -54,1
Italia -3,9
Cipro -114,7
Lettonia -49,1
Lituania -29,5
Lussemburgo 46,5
Ungheria -46,8
Malta 65,6
Paesi Bassi 68,9
Austria 3,8
Polonia -55,6
Portogallo -100,8
Romania -44,7
Slovacchia -66,9
Finlandia -6,4
Svezia 6,9
Gran Bretagna -6,7
In questi dati sono comprese le passività pubbliche, come il debito, e il TARGET 2. Da notare, fra l’altro, che il nostro debito pubblico è detenuto per più di 2/3 da residenti in Italia (e molto di esso dalla banca Centrale) e quindi è (o meglio sarebbe) una questione politica interna se vogliamo auto-indebitarci, espropriare il credito ai più ricchi, riacquistarlo con la Banca Centrale, ecc.
IN OGNI CASO, ci sono ben 18 Stati messi “peggio” dell’Italia, per via del debito privato ed estero verso i privati, azioni detenute dall’estero (con obbligo di pagare dividendi, quindi) e cose simili a queste. Molti sono casi eccellenti, come Ungheria, Francia, Spagna, Portogallo, Finlandia, Gran Bretagna.

Andando avanti, come accennato, l’Italia nel 2018 ha avuto solo il 29% del proprio debito pubblico detenuto da creditori non residenti in Italia (Fig. 1), quindi non sottoponibili a una qualche forma di redistribuzione patrimoniale o controllo dei flussi di capitali nel caso in cui il Parlamento Italiano lo decidesse unilateralmente. Solo Malta, Svezia e Danimarca hanno una percentuale minore. L’Italia ha avuto inoltre una bilancia commerciale sempre in positivo negli ultimi 8 anni e possiede meno debito privato (quello davvero pericoloso perchè politicamente più difficile da affrontare nel giro di poche ore attraverso le Banche Centrali) di molte “big” europee:
Italia 41,31%; Germania 52,7%; Gb 86,35%; Paesi Bassi 102%; Francia 131%.
Chi dovrebbe essere “multato”?
La procedura di infrazione per “debito eccessivo”? Pura metafisica, esistente solo dentro i dogmi dell’Eurozona: nè la “regola del debito” ha base scientifica, nè il sistema finanziario attuale è l’unico possibile – essendoci sistemi che permettono agli Stati di finanziarsi NON sul mercato, e quindi senza problemi a fare debito.
Ma facciamo finta che questa situazione abbia senso. Perchè se il debito “è un pericolo” non interviene semplicemente la BANCA CENTRALE EUROPEA, acquistandone ancora di più con creazione monetaria come fa da anni? L’intervento della Banca Centrale non è “un favore”, non sono “soldi gratis” alle nazioni (al massimo lo sono alle banche che hanno i titoli).
L’intervento delle Banche Centrali è economicamente ed eticamente NECESSARIO per il semplice motivo che è empiricamente dimostrato che l’andamento degli SPREAD non dipende solo dai fondamentali economici, che sono il rapporto debito/pil, la bilancia dei pagamenti e il cambio monetario. Dipende dall’IRRAZIONALITA’ dei mercati.
Per esempio, il paper «Market sentiments and the sovereign debt crisis in the Eurozone» di Paul De Grauwe e Ji Yuemei ha dimostrato che l’aumento degli spread delle nazioni europee del 2011-2012 non è necessariamente correlato ai fondamentali: «We find very strong time dummies for the countries in the periphery. This suggests that especially in the periphery “departures” occurred in the spreads, i.e. during 2010-12 an increase in the spreads that cannot be accounted for by fundamental developments, in particular by the changes in the debt to GDP ratios».
L’andamento dello spread non è RAZIONALE, quindi: non dipende da “problemi reali” ma, piuttosto, da quello che comunemente potremmo chiamare “gossip”, sentimenti tratti dalle voci di piazza del mercato, paure irrazionali, causalità nelle scelte di alcuni che provocano un effetto scia, e così via. Problemi che potrebbero essere veri, falsi, auto-indotti dalla paura, ecc..
Siccome i mercati formati da persone individuali non sono razionali e non possono vedere l’intero, ci vuole qualcosa che gestisca in maniera organica la questione. La BANCA CENTRALE, appunto.