Qualche tempo fa il Prof. Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia nel 2001 e forse più prestigioso economista vivente, ha definito il Bitcoin come «uno strumento che non serve a nessuna funzione socialmente utile e che, perciò, dovrebbe essere messo fuorilegge».
Il che sembra un giudizio duro, ma plausibile. Il Bitcoin sta ormai svolgendo un ruolo speculativo di scommessa finanziaria, la quale agisce semplicemente come un’operazione che distorce l’allocazione produttiva di fondi e la distribuzione socialmente meritevole di ricchezza. Solo una trascurabile parte di Bitcoin è, in altre parole, trasferita da un utente all’altro in vista di uno scambio di beni e servizi prodotti. Il resto è acquistato in vista di un suo ulteriore aumento di valore determinato dall’acquisto stesso – per poter essere successivamente venduto. Questa è ciò che si chiama «bolla finanziaria» ed è uno dei modi in cui un agente economico dismette se stesso da un calcolo ponderato circa l’utilità contestuale che un suo investimento deve produrre al fine di fargli guadagnare ricchezza. La logica della scommessa domina all’interno dei meccanismi speculativi: la logica di una decisione basata su impressioni di impressioni, su aspettative di aspettative le quali, inevitabilmente, diventano autoreferenziali perché distaccate dalle vita reale e non più fondate su una reale coscienza dell’utilità sociale di un’azione nel breve o lungo termine. Coscienza sulla quale una visione del mercato come “meccanismo che soddisfa i bisogni di tutti” suppone che ogni scelta economica sia basata.
Sorprende sapere che ci siano persone che non credono che quella del Bitcoin sia una bolla. Perchè non solo è una bolla, ma è una della più rapide e grandi della storia.
La bolla del Bitcoin è anche più mostruosa di quelle recenti. Il Financial Times scrive: «The surge in Bitcoin’s value is arguably unprecedented. In the 12 months to November 30, the Bitcoin price rose 1,773 per cent, bringing its value to nearly $170bn, around the market capitalisation of General Electric. By comparison, the Nasdaq Composite barely doubled during the final year of the dotcom boom. Other stock market bubbles, such as in the US in 1929, Japan in 1989 or China in 2007, were of much the same magnitude as the tech sector’s». Recente è la creazione, persino, di strumenti derivati che si rifanno al valore del Bitcoin.
Non dimentichiamo, poi, i problemi sulla trasparenza dell’uso della criptovaluta. In Bulgaria la polizia ha confiscato 213.519 Bitcoins, sostanzialmente usati per riciclare denaro da alcuni hacker criminali che manomettevano il sistema operativo della dogana. Il Bitcoin, infatti, «is rather difficult to be tracked and followed».
Come si è arrivati a ciò? Perché uno strumento creato appositamente al fine di liberarsi del potere commerciale di chi possiede il monopolio della moneta sta causando esattamente gli stessi squilibri che causa il sistema finanziario tradizionale? Per rispondere a ciò c’è bisogno di partire dalle motivazioni dietro la creazione del Bitcoin e dare un paio di nozioni circa il suo funzionamento.
Struttura del Bitcoin
Le motivazioni fondamentali dietro la progettazione del Bitcoin si possono trarre dal documento che il creatore della criptovaluta, Satoshi Nakamoto (pseudonimo che nasconde probabilmente diversi ingegneri informatici) conserva pubblicato sul sito ufficiale, “Bitcoin: A Peer-to-Peer Electronic Cash System”. Il Bitcoin viene presentato come una soluzione che permette di massimizzare le potenzialità dei pagamenti elettronici eliminando la necessità di una “terza parte”, di un’autorità diversa dalla rete stessa che si scambia il denaro e che, secondo i creatori, non sarà mai totalmente affidabile poiché non potrà evitare di «mediare dispute» sulla validità dei pagamenti stessi (dovute al problema della falsificazione della moneta elettronica) e, quindi, non potrà evitare il rischio che i pagamenti siano «reversibili». In più i costi di mediazione di tale autorità rendono i trasferimenti monetari più inefficienti.
Dalla presentazione di questi problemi, Nakamoto passa all’illustrazione della struttura delle transazioni in Bitcoin. Essa permette una sorta di autocertificazione della legittimità dei trasferimenti monetari da parte della rete stessa, senza appoggiarsi a mediatori esterni.
Anche se l’identità fisica di chi ha un portafogli in Bitcoin rimane celeta, la sua identità digitale costituisce un nodo che è potenzialmente capace di supervisionare la “storia” di tutte le transazioni avvenute in Bitcoin all’interno della rete di cui fa parte. Tutte le transazioni sono “memorizzate” nel colossale database che corrisponde alla Blockchain, un registro pubblico collegato ad ogni nodo che partecipa alla rete. Come spiega Mauro Bellini, «ciascun blocco a sua volta è anche un archivio per tutte le transazioni e per tutto lo storico di ciascuna transazione che, proprio per essere approvate dalla rete e presenti su tutti i nodi (Block) della rete, sono immodificabili (se non attraverso la riproposizione degli stessi a tutta la rete e solo dopo aver ottenuto la approvazione) e sono dunque immutabili. Oltre alla immutabilità l’altra grande caratteristica della Rete Blockchain è data dall’uso di strumenti crittografici per garantire la massima sicurezza di ogni transazione». La validità di ogni trasferimento di moneta è quindi osservabile dal fatto che il compratore possiede legittimamente i Bitcoin che usa visto che la storia dei loro – legittimi – spostamenti conferma il loro possesso da parte di tale nodo.
Chi si occupa materialmente di confermare la validità della transazione e di aggiungere un blocco alla catena sono i partecipanti più “esperti”, capaci di utilizzare le tecniche informatiche per verificare la coerenza della sequenza di transazioni di Bitcoin nella sua storia. Per fare in modo che ci sia un attacco alla rete occorrerebbe che i partecipanti esperti “disonesti” siano in maggioranza, ma ciò è improbabile che accada perché questi soggetti – detti miner – ottengono, per il loro lavoro, una certa quantità di nuovi Bitcoin (prodotti appositamente) come commissione in modo automatico (quindi perché far perdere prestigio a un sistema che li fa guadagnare?). Interessante notare che, secondo un’agenzia Britannica che si occupa di analizzare i costi delle forniture di energia elettrica, il costo della “produzione” di Bitcoin in termini energetici è arrivato a toccare 30 Terawatt all’ora: più della quantità di energia elettrica utilizzata ogni anno da 153 delle 213 nazioni esistenti al mondo.
Qual è lo scopo della criptovaluta?
Da questo quadro generale si evince che
1 – Lo scopo emancipativo del progetto Bitcoin non riguarda, innanzitutto, la liberazione dello strumento monetario da restrizioni “materiali”. Questo dovrebbe essere palese, e lo riporto solo perché sembra essere una interpretazione diffusa. Tale tipo di emancipazione è ovviamente già implicito nel sistema di mediatori che il Bitcoin intende superare. Anzi essa è esistente da secoli, basti pensare che dopo l’Unità d’Italia furono ufficialmente riconosciute almeno sei banche di “emissione”, le quali potevano cioè emettere biglietti di banca propri non strettamente correlati alla quantità d’oro posseduta (oltretutto il corso forzoso da metà Ottocento agli anni ’20 del Novecento fu in realtà la regola prevalente). Le restrizioni applicate a tali banche fecero riferimento al patrimonio aureo posseduto – oltre ad altri parametri come all’istituto della «riscontrata» – in maniera elastica e per pura convenzione, a fini di vigilanza e di politica monetaria, non certo per necessità oggettiva. A maggior ragione oggi, epoca in cui la moneta fiduciaria è da almeno 47 anni (dal crollo del sistema di Bretton Woods) fondata sulla sola autorità delle Banche Centrali, con la moneta della quale le “monete bancarie” delle varie banche commerciali devono in linea di principio sempre potersi scambiare, l’emancipazione della creazione di liquidità da vincoli materiali sembra essere l’ultimo dei problemi oggettivi.
2 – Il sistema Bitcoin non migliora certamente il problema del costo dell’intermediazione e della creazione materiale della moneta, per i dati energetici (sinceramente sconvolgenti) che abbiamo esposto e per la legittima commissione guadagnata dai miner.
3 – Il problema reale che consegue dal fatto che oggi la moneta è monopolio di determinati enti non è risolto dal Bitcoin. Tale problema è la riduzione della moneta a oggetto di compravendita, oggetto commerciale in sé. La moneta, da simbolo di potere negoziale reciproco dovuto al contributo che gli individui offrono alla società diviene un oggetto da possedere a prescindere, o da vendere “oggettivando” il trasferimento di tale potere, che a questo punto si scolla dal riflettere i meriti produttivi dell’individuo. Questa oggettivazione è manifesta, ad esempio, quando la banche commerciali pongono alti tassi d’interesse sui prestiti, sfruttando così il loro essere monopoliste. E’ palese anche per esempio nel mercato secondario delle obbligazioni, in cui diversi attori si scambiano il titolo di «venditore di moneta» a seconda di aspettative autoreferenziali come quelle delle scommesse. Alterando così il valore dell’obbligazione stessa rispetto ai fondamentali reali e quindi alterando il senso che un prestito dovrebbe avere: essere un’anticipazione di potere d’acquisto in vista della futura produzione di beni e servizi del debitore, opportunamente calcolati. Un calcolo reale che sparisce, alterato dal valore dell’obbligazione. Chi è capace di oggettivare la moneta la fa diventare un oggetto commerciale in sé, sulla cui vendita si deve lucrare e che può essere acquistata solo nella misura in cui ce la si può permettere. Tutto questo distorce lo scopo della distribuzione della moneta, che non è più effettuata dalla società al fine di massimizzare i meriti produttivi oppure gli incentivi a produrre (tramite la redistribuzione).
La bolla del Bitcoin è divenuta il non-plus-ultra di tale mercificazione della moneta: quest’ultima diventa pura accumulazione di potere come fine in sé, e distaccato da una reale creazione di beni. Proprio l’effetto che l’emanciparsi dal monopolio bancario voleva superare.
Alla luce di tutto ciò è chiaro che l’unico senso emancipatorio che possa avere il Bitcoin attualmente è quello di creare assoluta trasparenza e coerenza nella transazione monetaria. Ma questo obiettivo formale non fa nulla per affrontare il problema della distribuzione “inefficiente” di potere, la quale è possibile sia in una rete sociale verticistica e “accentrata” che in una formalmente orizzontale senza autorità centrale – sogno di molti filosofi post-moderni e post-strutturalisti, come il celebre Gilles Deleuze con il suo concetto di rizoma.
Chi crede nel Bitcoin come mezzo per andare oltre la società verticistica del denaro controllato dalle Banche dovrebbe riflettere su questo.
Il sistema bancario attuale andrebbe sì smantellato da capo a piedi. Deve passare dall’essere un sistema che funziona come una rete di imprese che ragionano con parametri imprenditoriali individuali a una rete che lavora secondo una “coscienza collettiva”.
Ma la dismissione del concetto di autorità significa disconoscere che la regola che tale coscienza collettiva crea e si autoimpone è necessaria oltre che inevitabile. Un buon governo democratico si può avvicinare a tale coscienza. Ed esso deve regolamentare i Bitcoin se essi devono svolgere un ruolo progressista in un sistema monetario in cui la moneta non è più una merce venduta da qualcuno.
L’anarchia sociale del Bitcoin odierno deve farci capire che il traguardo non è una società senza autorità. Essa non esiste, se non c’è autorità in realtà significa che l’unica autorità è l’atomo individuale che non vuole rendere conto delle sue azioni e delle loro ripercussioni generali (come quelle che ha la bolla monetaria rispetto a una distribuzione produttiva di liquidità o rispetto a chi si troverà un attimo prima dello “scoppio”). Nonostante il controllo operato da alcuni nodi della rete sull’intero sistema, lo schema dei Bitcoin resta legato a una logica prettamente atomistica.
L’autorità nella società ci deve essere (perché de facto non può non esserci), il punto è farla funzionare come condensazione e coordinazione del bisogno di reciprocità di tutti.
a bè certo, senza autorità sarebbe il caos… ma di fatto questi bitcoin vengono usati più come investimento che per commercio, di fatto nessuno li accetta… le bollette arrivano ancora in euro!!